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«Sbaglia chi descrive lo scontro col
terrorismo come scontro tra civiltà e medioevo: amo la
civiltà occidentale ma ritengo che essa non possa
erigersi a misura di ogni altra civiltà». Così parla
Günter Grass, premio Nobel per la letteratura, massimo
scrittore tedesco vivente e voce critica della sinistra
di Berlino. Repubblica lo ha ascoltato a margine del
lancio della campagna dell'Unicef per salvare i bambini
afgani dalla fame e dalla guerra cui egli ha dato il suo
appoggio. Signor Grass, il cancelliere Schroeder,
socialdemocratico come lei, parla di scontro tra civiltà
moderna e medioevo. E' d'accordo? «Non posso essere
d'accordo. E' un vizio dell'Occidente e del ricco nord
il farsi misura di tutte le cose. Non possiamo giudicare
in tal modo società che non hanno vissuto il
Rinascimento e l'Illuminismo ma altre
esperienze». Berlino proclama appoggio incondizionato
all'America. Approva o no? «Sono molto favorevole al
concetto di solidarietà, ma contrario alla solidarietà
illimitata. Non mi pare un atteggiamento corretto verso
un paese amico: rischia di diventare solidarietà cieca,
e ci può impedire di fermare a tempo un amico che
sbaglia». Ma non le sembra che, come dicono Schroeder
o Tony Blair, la soluzione militare sia inevitabile
contro Bin Laden e contro chi lo appoggia? «La guerra
non ha mai risolto problemi. Il terrorismo sopravviverà
anche alla cattura o alla morte di Bin Laden. La
soluzione non può essere solo militare. L'orrendo
crimine degli attentati ci deve spingere a riflettere
sulle cause del terrorismo. Tanti miei amici
intellettuali americani, da Norman Mailer a Woody Allen,
che ho sentito dopo l'11 settembre, si chiedono perché
ci sia tanto odio verso l'America. Hanno ragione,
bisogna porsi il problema. Qui da noi si fa troppo
presto a tacciare di antiamericanismo le voci critiche
che lo pongono». Per lei insomma cosa è cambiato dopo
l'11 settembre? «E' morta la società basata sul
divertimento nel ricco Occidente. Quegli orribili
attentati hanno voluto essere anche un'esplosione di
odio verso il ricco Nord del mondo, verso il mondo
ricco, freddo e indifferente ai problemi del mondo
povero». Il cancelliere di sinistra Schroeder però è
deciso a un intervento militare tedesco a fianco degli
angloamericani... «Meglio farebbe il governo federale
- questo è il mio sommesso appello - a spendere per
aiuti umanitari ai bambini afgani e alla povera gente
oppressa dai Taliban i soldi che sarebbero necessari a
un intervento militare. In tal modo si farebbe anche
qualcosa contro le cause profonde del terrorismo». Ma
secondo Joschka Fischer, ministro degli Esteri, il
migliore intervento umanitario è il rovesciamento dei
Taliban... «Anche io auspico la caduta dei Taliban,
ma questo rientra nei nostri auspici. La realtà
quotidiana è un'altra cosa: è fatta di bambini che
muoiono di fame. Io lancio un appello alla ricca società
tedesca, a bambini e genitori tedeschi: spero che i
bimbi tedeschi mi ascoltino, rinuncino a metà dei regali
di Natale e chiedano i genitori di destinare quei soldi
ad aiuti all'Afghanistan. Salverebbero moltissime
piccole vite». Che cosa intende per riflessione sulle
cause del terrorismo? «La mia mente corre indietro
agli anni di un altro cancelliere di sinistra. Si
chiamava Willy Brandt, fu il primo cancelliere tedesco a
parlare al Palazzo di Vetro dell'Onu. Io c'ero, mi
ricordo. Brandt lanciò un serio monito contro il divario
NordSud, disse "anche la fame è un atto di guerra",
ammonì il mondo ricco a fare qualcosa per ridurre il
gap. In piena Guerra fredda EstOvest, con grande
chiaroveggenza, mise nero su bianco questo monito nel
Rapporto sul problema NordSud che stilò per la
Commissione nordsud. Tutti i governanti di oggi
dovrebbero andare a rileggerselo: sono parole mai
tradotte in pratica. Brandt fu applaudito e
basta». Non è difficile pensare agli aiuti dopo
seimila morti al World Trade Center? «Io provo
profonda solidarietà e compassione per l'America. Ma a
lungo il mondo ricco restò indifferente a fronte dei 250
mila musulmani bosniaci massacrati da serbi e croati, o
delle 800 mila vittime delle stragi in Ruanda. Sembra a
volte che i morti nel "nostro" mondo ricco valgano dieci
o cento volte di più di quelli delle tragedie del Terzo
mondo, e che i morti del Terzo mondo per noi siano solo
fredde cifre con tanti zeri».
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